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Tuesday Poison: Manuel Ocampo

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Carissimi lettori di Tuesday Poison, dopo avervi parlato di Filippo Fiumani aka Le Mani con un’intervista simpaticissima la scorsa settimana, la puntata di oggi la dedichiamo ad un artista che durante i primi anni della sua carriera ha fatto arrabbiare qualcuno a causa della vena polemica che contraddistingue i suoi lavori, soprattutto quelli legati alle sue prime esperienze ed ai suoi primi esperimenti creativi. Non che oggi faccia qualcosa di totalmente diverso da allora, anzi i suoi lavori sono per alcuni ancora più forti ed espressivi dei primi. E noi piace proprio per questo, perché quando scegliamo gli artisti di cui parlarvi cerchiamo sempre di rintracciare l’anima ribelle che si nasconde dietro ogni personalità, anche in quelle che sembra meno deducibile ed è proprio per questo motivo che ancora ci piace parlarvi di pop surrealism e lowbrow, perchè crediamo che questo sia l’aspetto che più ci piace di questa arte.

Il nostro ospite di questo martedì è l’artista filippino Manuel Ocampo, sappiamo che molti di voi lo conosceranno di sicuro, classe 1965, attualmente vive tra Manila e Lussemburgo e le sue opere sono sparse in molte gallerie della California ma anche in alcune europee, il curriculum delle mostre a cui ha partecipato è vasto e noi vi segnaliamo le tappe fondamentali della sua carriera: nel 1992 ha preso parte a Documenta IX e l’anno successivo alla Biennale di Venezia, due eventi importanti nella fase iniziale della sua ascesa nel mondo dell’arte che ha avuto inizio con la prima personale a Los Angeles nel 1988 dove torna ancora nel 1992 partecipando alla famosa collettiva Helter Skelter: L.A. Art in the 1990s dal 26 gennaio al 26 aprile dello stesso anno, assieme ad altri artisti illustri come Robert Williams, ovvero il fondatore di Juxtapoz.

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Ma veniamo alle questioni più artistiche. Come accennavo nel primo paragrafo, Manuel Ocampo viene considerato un artista un pò scomodo in virtù della scelta delle tematiche e dei soggetti rappresentati sulle superfici, già nelle sue prime opere sceglie di descrivere con la sua arte le icone e i tabù che attanagliano l’etica e la morale, quindi questioni legate soprattutto alla religione e alla politica che si insinuano nella vita di ogni singolo individuo il tutto condito con una certa nota di ironia che rende i suoi lavori delle vere e proprie denunce contro le convenzioni e le oppressioni. Così, nelle sue opere viene messa in discussione la certezza con cui la chiesa cattolica e il potere imperante di chi governa le sorti del mondo si sono imposti nella tradizione e nella storia dell’evoluzione dell’uomo attraverso le loro dottrine e le loro rappresentazioni che nelle opere di Ocampo vengono decomposte e riadattate ad un linguaggio artistico, quello dell’artista in questione, che si nutre di simboli e simbologie dei quali disponiamo quotidianamente.
La sua ricerca stilistica, coadiuvata dalla scelta dei colori e delle forti tonalità, lo induce a cercare negli angoli più oscuri del pensiero umano per rintracciare ciò che si nasconde all’apparenza e che si si presenta sotto forma di incubi e visioni grottesche con ossa e altre parti del corpo la cui visione, in alcune delle sue opere, mi ricorda l’arte di un grande artista italiano, un mio caro amico, un caro amico di Organiconcrete, il nostro Michele Guidarini, soprattutto nell’abilità che entrambi possiedono nel combinare parole, oggetti ed emozioni nello stesso spazio. Impertinenza, questa è la parola più adatta per descrivere la loro arte.

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